domenica 10 gennaio 2016

Violenza sulle donne: un fenomeno clandestino?

È di questi primi giorni del 2016 l'attenzione dei media sul fenomeno della violenza sulle donne ad opera degli immigrati in seguito ai fatti in Germania. Ma è un fenomeno recente? Il problema della violenza sulle donne a ben guardare non sembra però legato agli immigrati in quanto non europei, come vorrebbero far credere alcuni giornalisti sciacalli, ma agli uomini tutti, italiani per primi. Il problema è amplificato anche dalla legge di contrasto alla violenza che non viene applicata e che non punisce nessuno, dalla becera cultura maschilista fatta di delitti d'onore (in Italia fino agli anni 70 era lecito uccidere la moglie se metteva o si presupponeva mettesse le corna), e da un'immagine mediatica che mostra dalla mattina alla sera da 30 anni e più, culi e tette che ballano in tv (mentre gli uomini dirigono e basta) e che considera le donne oggetti di piacere che in un qualche modo, anche quando non necessario, devono ballare, ancheggiare e ammiccare. Questa è la verità e i numeri parlano chiaro. Non è affatto un fenomeno di questi ultimi anni di forte immigrazione, ma un retaggio antico, antichissimo, che si perde nella notte dei tempi, che ha subito un'impennata negli anni '40 del 900 e non è mai cessato. Sono ben 3624 le violenze sessuali nel periodo compreso tra marzo 2014 e marzo 2015,  76165 i casi di minacce, 13690 le percosse e non è tutto, altri numeri sono ancor più inquietanti. «Bisogna sempre pensare che troppo spesso le donne non arrivano neanche alla denuncia - spiega Gabriella Moscatelli, presidente di Telefono Rosa - la donna chiama o si presenta da noi, la aiutiamo, offrendo assistenza legale e l’aiuto delle nostre volontarie, magari buttiamo giù un brogliaccio da presentare alle forze dell’ordine ma poi non vanno fino in fondo, per paura di ulteriori violenze o anche per problemi economici, sempre più frequentemente rinunciano anche perché non avrebbero la possibilità di rendersi autonome». I dati riferiti all’ultimo anno, in ogni caso, spiegano già abbastanza. Tra i delitti commessi nei confronti di vittime di sesso femminile si segnalano le lesioni dolose, 59.719 episodi, lo stalking (10.029 casi) e come detto le violenze sessuali, che erano già 4.607 tra marzo 2013 e marzo 2014 e 4.948 l’anno precedente. Un numero sproporzionato rispetto ai decreti di ammonimento (345) e allontanamento (244). Nelle ultime statistiche Eures diffuse a novembre 2014, riferite al 2013, il Lazio e la Campania si sono guadagnate il tristissimo primato di 20 donne uccise, seguite da Lombardia (19) e Puglia (15), anche se è l’Umbria a dover sopportare l’indice più alto in proporzione alle residenti. «I dati relativi al 2013 - ha rilevato la ricerca Eures - sono sostanzialmente sovrapponibili a quelli complessivamente censiti a partire dall’anno 2000. Lo scorso anno si è avuto un forte aumento dei matricidi, spesso compiuti per ragioni di denaro o per una esasperazione dei rapporti derivanti da convivenze imposte dalla necessità: sono infatti 23 le madri uccise, pari al 18,9% dei femminicidi familiari, a fronte del 15,2% rilevato nel 2012 e del 12,7% censito nell’intero periodo 2000-2013 (215 matricidi). Ad uccidere sono nel 91,7% dei casi i figli maschi e nell’8,3% le figlie femmine». A mani nude, per le percosse, strangolamento o soffocamento: così nel 2013 è morta ammazzata una donna su tre, che per Eures equivale a un «più alto grado di violenza e rancore». Ancora numeri: solo a marzo 2015 sono arrivate al 1522 - numero attivato dal dipartimento per le Pari Opportunità per l’emersione e il contrasto della violenza ai danni delle donne - 2mila 792 telefonate, che sommate a quelle registrate dal dicembre 2012 diventano 119mila. Principalmente donne, che chiedono aiuto perché vittime di stalking, percosse, o per segnalare un caso di violenza. «Anche a marzo 2015 - precisano dal dipartimento - come già rilevato nei mesi precedenti, è possibile riscontrare come più della metà delle chiamate pervenute al servizio siano state effettuate per una problematica legata alla violenza, il 64,99% dell’utenza ha effettuato «richieste di aiuto, in quanto vittime di violenza», «segnalato un caso di violenza» e «chiesto informazioni sui centri antiviolenza nazionali». «Purtroppo, ed è una grande carenza, non esiste un osservatorio a livello nazionale che raccolga tutti questi dati elaborandoli per far conoscere davvero le dimensioni del problema - continua la Moscatelli - abbiamo i report di ogni Questura, ma poi ogni storia è a parte, come detto ci sono anche tutte le donne che non denunciano, è essenziale istituirne uno col Piano nazionale antiviolenza che sta per essere messo a punto». La Regione Lazio ha recepito il messaggio, un osservatorio ad hoc presenterà a breve i primi risultati mentre si è prevista l’apertura di ulteriori 19 strutture, per un totale di 58 distribuite in tutte le province, tra centri antiviolenza, case rifugio e case per la semi autonomia per le quali oggi la lista d’attesa può essere lunga anche di diversi mesi.

fonte dati istat

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