martedì 5 gennaio 2016

Tutti i servizi Internet e i giochi saranno a pagamento. Ecco perché!

Ovviamente il passaggio è già in atto ed entro pochi anni sarà totale. Sembrano passati secoli da quando venivano realizzati i primi videogames per dispositivi mobili, eppure sono trascorsi solo pochi decenni. Dopo un inizio in sordina, quando i giochi per cellulare costavano più di quanto valevano perché erano erano poco giocabili, (e solo in pochi li acquistavano) le game house, dopo l'affermazione nel grande mercato dei touch screen, hanno pensato bene di fare un grandissimo investimento, una promozione diversa da quella tradizionale. In sintesi i giochi per cellulare sono diventati per alcuni anni tutti (o quasi) completamente gratuiti. Questo ha spinto le persone a sperimentare, scaricare, giocare, prendere confidenza con i giochi per una piattaforma non tradizionale (come erano inizialmente Commodore, Amiga, PC, Playstation, X-box, Nintendo e dispositivi portatili - come non ricordare il pionieristico e poco sfruttato esperimento Nokia con il primo cellulare dedicato ai giochi "N-GAGE"). Un fatto inatteso ha però scompaginato tutto l'equilibrio: il successo planetario dei dispositivi Android. Prezzi contenuti, app di ogni tipo e buon hardware hanno reso possibile la diffusione di massa dei videogiochi tanto che si contano, dati ufficiali, milioni di miliardi di giochi scaricati! Numeri da capogiro! Più del totale di tutti i videogames venduti finora su PC e altre piattaforme da quando Pacman mieteva successi e le sale giochi erano ancora un buon investimento. Ora che gli smartphone e i tablet sono alla portata di tutti e le caratteristiche hardware sono di buon livello, giocare sui telefoni non è più solo un passatempo da viaggio in metro, una stranezza da nerd che cerca di potenziare il telefono Symbian N-gage o un vezzo da snob che cerca di giocare con il suo palmare per l'ufficio touch screen con Windows CE degli anni 90 dal prezzo inarrivabile, ma uno dei modi più apprezzati e popolari!



Ora, dopo i giochi con pubblicità mirata che paga per noi, pubblicità che appare nei programmi free ed è sempre più invasiva e "intelligente" perché si modifica in base alle nostre ricerche su Google, Bing, Yahoo (anche se sembra che dovrebbe invertire la tendenza e in un decennio diminuire drasticamente di volume per raggiunti limiti di mercato e di utilità pratica per le aziende stesse)  ci stiamo muovendo verso quello che sarà il total pay-game, dopo il passaggio che stiamo vivendo in questi ultimi due/tre anni ("Candy Crush" insegna) in cui i giochi prevedono acquisti in-app, ovvero programmi da scaricare gratis,  che sembrano essere totalmente gratis, ma in realtà si collegano a Facebook recuperando liste con dati preziosi, si ricaricano a tempo, non danno bonus e livelli aggiuntivi se non pagando o creando una catena di Sant'Antonio (in cui si chiedono per esempio vite ad altri giocatori) che aumenta il bacino di possibili clienti, raccoglie dati, liste amici, mail e talvolta abitudini di navigazione (cosa che i siti che visitiamo fanno già da tempo). Se fino ad oggi il mercato dei dati è stato una miniera per tutti (perfino per le raccolte di fondi nelle campagne elettorali), ora il vero business sta diventando semplicemente far pagare direttamente, e tanto, all'utente finale. Perché i videogames sono diventate vere e proprie produzioni industriali con investimenti milionari al pari dei film di Hollywood e le case di produzione non solo devono rientrare delle spese, ma guadagnare! Un mercato gigantesco, non molto controllato dal punto di vista etico e che reclama addirittura un suo valore artistico (sul valore tecnico non ci sono dubbi, ma arte e industria non sono la stessa cosa...). Gli utenti si sono abituati, i giochi piacciono e quindi ora basta promozione gratuita: è il momento di chiedere euro sonanti come accadeva per pc e console. Perché qui non parliamo più di un milione di copie vendute ad appassionati ragazzoni fuori età, ma di miliardi di copie acquistate anche dalle casalinghe di 70 anni!



Stesso sta accadendo per la tv. Le tv in chiaro, quelle gratuite, stanno diminuendo sempre di più l'offerta di film in prima visione e programmi culturali che sono stati acquistati dalle piattaforme a pagamento. Anche qui, visto l'enorme successo e la diminuzione delle presenze nelle sale, a breve tutti gli spettacoli, le serie tv, i film, i cartoni, lo sport,  i documentari più interessanti saranno a pagamento. E più gente sceglierà la piattaforma a pagamento e più la tv pubblica diventerà povera e priva di contenuti interessanti. Reality e calcio sono già da tempo appannaggio delle pay-tv. Un cane che si morde la coda. Più decidi di abbonarti a qualcosa o pagare per qualcosa, più tutti dovranno farlo, perché di gratuito resterà solo il vecchio. Insomma due marce, una per i ricchi e una per i poveri. Programmi nuovi solo per chi se li potrà permettere e vecchie cose per chi ha i soldi solo per l'apparecchio tv. Internet ovviamente non resterà a guardare e entro pochi anni si arriverà ad una totale integrazione del mondo pay. Scomodando la domotica, forse un'intera casa, o almeno un unico dispositivo/tv/computer/gaming zone dove ogni singola cosa avrà un prezzo. Tutto on demand. Vuoi un film? Lo compri! Vuoi un documentario? Lo paghi! Vuoi l'alta definizione? Aggiungi un euro! Vuoi una notizia da un giornale? Abbonati! Vuoi una ricerca scolastica? Idem! Stesso accadrà per la musica dove tutto, perfino la radio, diventerà on demand e a pagamento. Entro pochi anni Youtube non consentirà più l'ascolto gratuito della musica. Ci si dovrà abbonare o pagare per singoli contenuti, magari memorizzati su un cloud (un disco virtuale online) che potrebbe essere condiviso con lo stereo della propria automobile perennemente collegata alla rete. Stesso per la posta elettronica che non solo dovrà essere certificata, ma avrà dei francobolli virtuali per ogni singola spedizione (ovviamente a pagamento con moneta virtuale, perché le banconote spariranno e si pagherà solo con cellulare). Ecco quale sarà il destino di internet e dei media: più aumenteranno abbonamenti venduti e contenuti pagati, più le industrie diventeranno ricche e proporranno la nuova comunicazione non libera! Il rischio è ovviamente non solo il tradimento dei principi di condivisione gratuita della rete delle origini, ma anche un ulteriore dislivello sociale perché ci saranno servizi a pagamento che saranno aggiornati, seguiti, migliorati, verificati, ospitati da server veloci e sicuri messi a disposizione da provider ricchi e servizi liberi che saranno lasciati alla buona fede di scrittori più o meno seri e più o meno competenti su server lentissimi, dimenticati da Dio e pieni di virus.

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