martedì 28 luglio 2015

Provincialismo

Storia di un'Italia che non è nazione, ma un insieme di piccoli comuni, retaggio di un medioevo che fu. Se forse un po' si salva Milano, il resto d'Italia è proprio messo male! Realtà microscopiche che dovrebbero essere gioielli incastonati in un territorio ricco di tradizioni e cultura, calamite per i cervelli di tutto il mondo, fari nella notte per tutte le anime libere ispirate dalle muse. Invece si tratta quasi ovunque di piccole realtà gestite da amministrazioni superficiali raramente in grado di intuire e valorizzare appieno le potenzialità delle proprie ricchezze anche umane. Si riduce tutto ad un racconto fatto di piccole cose: borghi medioevali, piazze, olio, vino, caciotte e latte. Beninteso, beni preziosi, d'eccellenza, ma che da un po' di anni vengono troppo spesso accostati grossolanamente all'arte. Come se lo scopo ultimo di un artista fosse promuovere il territorio. Quello che sfugge alla massa è che musicisti, pittori, scultori, performer, scrittori, non hanno confini! Raccontano il proprio io, la propria ricerca al mondo intero, senza limiti spazio-temporali. Gli artisti non hanno armi per combattere, ma solo le loro idee! Per competere con il resto del mondo devono però trovare quello che in Italia manca, soprattutto a livello provinciale, ovvero professionisti della cultura che si occupano di terza pagina in modo serio e lungimirante scegliendo con cura cosa raccontare e dove spostare le attenzioni del grande pubblico. Ma un paese pieno di Blogger improvvisati, pubblicisti mal pagati, giornalisti spesso pilotati dal politichese, costretti per vivere a scrivere di sport, incidenti stradali, maltempo, manifestazioni, ricette, pet therapy, razzismo, non possono rappresentare e parlare di arte, musica, poesia, bel canto, danza, cinema. Non possono! Non possono trattare la danza come fosse promozione territoriale, sport o cucina. Stesso dicasi per i direttori di giornale, che devono affidare la pagina culturale ad esperti e non limitarsi a selezionare le informazioni in base ai propri gusti, alle simpatie o a quello che ritengono garantirà più click e visibilità alla testata, magari solo liquida. Questo è del tutto provinciale, limitato e limitante, perché così facendo sono all'ordine del giorno articoli che parlano di sodalizi perfetti, indissolubili connubi tra porchetta e libri, quadri e salsicce, musica e birra, piuttosto che racconti di veri artisti che all'estero sarebbero valorizzati e apprezzati.  Ad ognuno il suo mestiere, anzi, ad ognuno il suo settore!
CS/gup

martedì 21 luglio 2015

Spokenword Project - 5 Agosto 2015 Anfiteatro di Sutri (VT) ore 22.00

Quello che rende speciale un evento è la passione, l'alchimia che si crea su un palco, le emozioni che si trasmettono al pubblico. Questo è quello che porta in scena il progetto Spokenword. La poesia di Alessandro Vettori che incontra le esperienze variegate di grandi musicisti in un connubio perfetto. Non un concerto, non uno spettacolo teatrale, ma qualcosa che sposta le abituali consuetudini verso territori inattesi. Un racconto sottolineato, accompagnato dalla musica, che non è un tappeto banale, ma il completamento di un'idea. Difficile da descrivere, semplice e piacevole da vivere. Sì, vivere! Perché non si tratta di subire passivamente un concerto, ma immergersi in uno spettacolo che trasporta in altri territori. Una musica descrittiva e viscerale che spazia in generi battuti e non, seguendo il filo conduttore che fa da collante che è la poesia. Una fiducia che porta tutti i protagonisti lontano dall'ovvio, dallo standard, dal cliché, per esplorare, confrontarsi con l'insolito, come solo i grandi artisti sanno fare. Abbiamo potuto ascoltare in anticipo il progetto alla Bottega del Drago e l'idea è valida, coinvolgente, piacevole e trasversale e in questa configurazione trova la sua compiutezza. Uno spettacolo di grande pregio, ma per niente autoreferenziale e noioso! Ecco, questo è quello che ci piace trovare in giro per l'Italia! 
Sul palco artisti che hanno già collaborato con lo scrittore: Aldo Bassi, Marco Brama (autore della colonna sonora dello spettacolo #madeofwords sempre di Alessandro Vettori), Mauro Dolci, Sergio Fabrizi, Daria Giomma (suoi gli interventi danzati in #madeofwords), Luca Mosconi, Angelo Piferi De Simoni, Claudia Putzu, Simone Salza, Alessandro Vettori. 
Da non perdere! 
CS/gup

sabato 11 luglio 2015

Nascono gli Spokenword

Chi l'ha detto che non c'è più chi cerca di raccontare un percorso alternativo? Ecco gli Spokenword, un progetto collettivo in cui parole e poesia si miscelano con la musica. Una musica eterea, a tratti sospesa, ma che si fonde con il parlato. Non è rap, non è cantato, non è recitato, è lo spokeword che si sperimentava negli anni 70, ma con uno stile del tutto personale. Un progetto interessante che ha molto da dire e grandi margini di crescita e di cui parleremo in abbondanza dopo l'evento all'anfiteatro mitreo dell'antichissima città di Sutri del 5 Agosto. Un in bocca al lupo da CS!!
Maila
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Quello che va detto

Questo sistema è piegato all'economia. Non c'è nessun'altra verità. È oggettivamente più valido qualcosa o qualcuno che ha un valore economico maggiore. Questo è un mondo autoritario, gerarchico, maschilista, che sceglie preferendo sempre il valore economico a quello artistico. Un sistema che schiaccia i più piccoli, che elimina dal racconto l'unico, il piccolo, l'eccezionale. Quello che studieranno i nostri figli in futuro, sarà sempre il racconto di una scelta arbitraria e maggioritaria. E il problema è proprio che il sapere è governato da chi concepisce il sistema come appannaggio delle maggioranze egalitarie e non delle diversità minoritarie. Quindi un mondo livellato, incasellato che tende all'uguaglianza, all'omologazione collettiva. Il sapere non può essere oggettivo!  La verità non è nera, non è priva di colori, anzi il mondo è un vero e proprio arcobaleno...
Liutprà

sabato 4 luglio 2015

Life Sound of Universe Marco Brama


È in distribuzione mondiale “Life – Sound of Universe” di Marco Brama. Dopo il video album online finalmente viene pubblicato l’album completo prodotto dalla CS Records. Il lavoro, composto di 13 tracce da cui sono stati estratti vari singoli, è come nelle consuetudini dell’autore, un Concept album. La sua BAM, Brain Avantgarde Music, è giunta a maturità e mostra perfettamente le idee, l’approccio alla musica del compositore. Un avvicinamento trasversale all’arte dei suoni, una commistione di elementi, armonie, timbri, ritmi, strumenti, provenienti da tutti i “percorsi paralleli” della musica, dove il pianoforte e le tastiere rappresentano il collante dell’intero album. Life – Sound of Universe, rappresenta un lavoro maturo, una grande padronanza delle tecniche compositive e dell’arrangiamento, ad un anno dall’album “Fantastic Colours”, una pregevole composizione sinfonica che infonde energia e innovazione nella musica d’avanguardia. Un lavoro che ancora una volta fa da apripista per un connubio tra alto e basso, tra sperimentale e codificato, tra classica e jazz, tra elettronica e acustica. Life è un album non banale e che offre molte chiavi di lettura svelando ad ogni ascolto, nuovi e preziosi elementi disseminati nel gioco polifonico a cui ci sottopone il compositore. Interessante sapere che usciranno nei prossimi mesi quasi tutti i suoi album del passato, rieditati e rimasterizzati, da “Psike & Electra” a “Teatro dell’equilibrio”. Aspettiamo impazienti! 

Il disco nel dettaglio

Si apre con “Life” un brano che inizia quasi in sordina, uno sviluppo armonico e sonoro che rappresenta la vita che cresce. Un’apertura che arriva inattesa lasciando esterrefatti, descrittiva, evocativa, intensa. “Ego” ci proietta in territori inesplorati, in un equilibrio perfetto tra l’elettronica più “spinta” e l’ambient che strizza l’occhio a Satie. “Rêverie” è il prototipo di brano BAM, e con il suo titolo la dice lunga sulla poetica e sullo stile armonico “generale” che, sotto la superficie stratificata, lascia intravedere Debussy. Una parte centrale sperimentale con il ritmo raddoppiato e le sue armonie jazz, è incorniciata da elementi classici ed elettronici di grande respiro. “Cercare” è un loop “eterno” in crescendo, sull’idea di un Bolero intimista che riesce a portare l’ascoltatore lontano dalla realtà. “BAM – olio su acqua” è l’ennesima provocazione ben riuscita. Il brano, come tutto l’album, è accompagnato da un lavoro di videoarte eloquente e che lascia spiazzati. Una composizione con una parte centrale classica, stavolta incorniciata a specchio da armonie jazz ed elettroniche. “Art of Sound” è minimalista, misterioso, pulito, autoreferenziale, un omaggio agli Art of Noise a trenta anni di distanza dal loro “Moments in love”. “Elektroclypse” divide il disco in due parti ideali. Un pezzo che sembra non arrivare mai ad un punto di svolta. Un’introduzione lunghissima, senza basso, con un ripetitivo, quanto incalzante, synth che non si riesce ad intuire dove condurrà. E ovviamente giunge a qualcosa di decisamente inatteso. “Mom” sposta nuovamente l’accento nei territori dell’ambient music. Uno di quei rari brani che potrebbe non finire mai. Un vero e proprio viaggio etereo e sognante, dove il basso sintetico si contrappone a tutto, quasi una voce che ripete incessantemente mom: mamma. “Dad” è invece violento, classico, ai limiti del kitch, ma con una parte centrale delicatissima che “spiega” tutta la composizione e l’arrangiamento. “Melting Pop” è uno di quei pezzi che arriva come una spada. Una fusion rivoluzionata e reinventata, velocissima, con la melodia affidata al basso. Divertente e delirante! “Percorsi Paralleli” rimanda al mondo della lounge music anche se con elementi nuovi e soprattutto un “discorso” che si dispiega e non viene ripetuto. “See” è l’ennesimo brano BAM dell’album, forse il più sperimentale e il più distante da tutte le strutture, le armonie, le idee convenzionali, i cliché e gli stereotipi della musica di genere. Un viaggio che dà nuova linfa vitale all’intero lavoro. Conclude l’album “The Other Wave” il brano più elettronico dell’intero lavoro e al contempo il più energico. Sempre sulle indicazioni strutturali BAM ma invertite, quindi una parte rallentata centrale che sembra indicare le infinite combinazioni di questo “pseudo-genere”. 

Simone Salza

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