domenica 29 giugno 2014

Teorie e pratiche della costruzione sociale

Come stabilire in una tribù protostorica chi ha ragione?  Hai ragione tu che sostieni la monogamia o tu che vuoi la poligamia?  Tu che vuoi l'omicidio  o tu che lo ripudi?  Semplice, basta stabilire che una delle due è la verità  assoluta,  inconfutabile perché  scritta da Dio!   Chi mai nell'ignoranza  più totale  si azzarderebbe a contestare la parola trascendente?   E dopo millenni ecco che quelle leggi suppliscono alla soppressione  dell'istinto...

martedì 24 giugno 2014

... piccoli mostri crescono

Non mi interessa  necessariamente la sofferenza o l'orrore ... anzi ti  dirò...  mi va proprio di giocare.... anche perchè altro non c'è da fare prima che il mostro esca da sotto il letto....

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La verità è che non esiste nessuna verità.

Marco Brama

Perché raccontare il mondo se puoi crearlo?

lunedì 23 giugno 2014

PyRRUs, Essential Mixtape - Recensione

In fondo a cosa serve la melodia in un mondo caotico, devastato, frenetico e che spinge verso l'autodistruzione? Domanda retorica ...appunto! Non retorico è però il lavoro di PyRRUs, un caleidoscopio delirante  in cui entrare in punta di piedi, con umiltà e rispetto, perché si entra nella testa del compositore, che vive e affronta il suo tempo fatto di cicli, rumori, ripetizioni alienanti e macchine che presto avranno una coscienza! è in ritmi ossessivi, originali, ipnotici alimentati da un'energia che è quasi un moto perpetuo sorretto da un grande lavoro di editing, che il lavoro di Pyrrus trova linfa vitale e, se l'idea di armonia e melodia sembrano così lontane, è pur vero che c'è la presenza di un discorso, di un'anima che cerca, che si divincola, che urla al mondo la sua esistenza. Esistenza velata, anamorfica e claudicante che vive in un suo universo musicale parallelo. Una nuovo percorso, una nuova frontiera dove lasciare i target e i generi che non hanno nulla di artistico! Un linguaggio musicale distante anni luce da quello istituzionalizzato, decisamente "deliziosamente devastante"!   Nel NRMIXTAPE05. PyRRUs, Essential Mixtape Giugno 2014

Marco Brama

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Come se ...

La ricerca dell'arte? Il percorso della ricerca? Non lo so, in fondo si fanno viaggi paralleli, distanti, simili ... non lo so ... so solo che ostinarsi a voler diventare famosi è veramente ridicolo! Forse un modo supremo di prostituzione! Forse ...

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Non si finisce mai di essere in ritardo sulla vita… Marco Brama

sabato 21 giugno 2014

Economia della resistenza

Conoscere Zanzotto è affrontare un viaggio nel secolo breve attraverso l’esperienza di un uomo che, contro corrente, ha cercato di raccontare luoghi e tempi, un percorso attraverso la sensibilità di chi, in ogni modo, cerca di proteggere i suoi cari consapevole di essere, oltre che terra-carne, anche il momento più alto della natura stessa, in un paesaggio che svela la morte come compimento della vita, orgasmo supremo che potrebbe auto-liberare l’uomo dall’insensato esistere, ma anche cosciente della propria impossibilità di svincolare chi si ama dal fardello dell’assurdo, perché si passerebbe per omicidi. È in questa cognizione dell’inutilità umana, in cui tentare di giustificare "Tutto e Tutti" per aver creato qualcosa di profondamente assurdo, che prende forma la depressione, che è lucida follia sublimata, in paesaggio che è rifugio per l’anima; una torre/follia immersa nella natura dove chiedere scusa a chiunque per non essere stati  capaci di proteggerlo dalla morte e ripetere, come non dovesse mai finire, il gesto di un inchino  compiuto nel tentativo di “universalizzare la propria autobiografia affettiva”. Zanzotto racconta questo e molto altro accumulando capi d’abbigliamento in un bagaglio sempre più pieno dove raccogliere e salvare qualcosa di ogni uomo come fosse un disco aureo da spedire su un razzo di linea per la Luna e, durante il viaggio trasmesso dalla tivucinema, guardare in movimento dall’oblò tutta la Terra in una vertigine assoluta mitigata solo dal filtro di un vetro, attraverso un linguaggio che è rappresentazione stessa del Mondo. Un linguaggio duale in perenne lotta con se stesso, tra le cime altissime di un Monte Olimpo Marziano da cui osservare, sgomenti, l’abisso del ferino istinto Demonico e forse riscoprirsi guariti o semplicemente percepire la nostra percezione guardandoci da fuori come oggetto/desiderio della natura stessa, in un Pan/Demonio caotico da cui non c’è scampo. Un linguaggio narrato attraverso un violino accordato in modo inusuale e che produce armonie omnitemporali, drappeggiate da una melodia popolare, in una sorta di sublimazione mozartiana tra alto e basso, in una diglossia che è quasi disegno animato nel diventare grande e piccola a piacimento, restando  grande e  piccola allo stesso tempo, vertigine asemantica e decostruzione del processo comunicativo stesso, fatta di balbettii infantili e pindariche immersioni-disgregazioni foniche nell’invenzione della comunicazione stessa. Un linguaggio violento come la gioventù e le istituzioni stesse, un idioma necessariamente spietato, come un vento nucleare che proietta la morte sui muri. Una nuda rivolta dell’uomo contro la barbarie storica, raccontata con un iperlinguaggio che fonde e separa inevitabilmente, la pura astrazione dell’invenzione semantico-matematica di Mallarmè  che si scontra con artaudiane bestemmie di inutili e ridicole trascendenze. Questo equilibrio precario sembra portare alla rappresentazione bidimensionale e iconica di un mondo che l’uomo ha tentato di riprodurre serialmente forse già prima dell’età ellenistica, ma che solo con l’avvento della fotografia perde la sua forma, ma non la sua idea. Una raffigurazione artistica che, nella società a lui contemporanea, è affrontata in modo nuovo, forse proprio perché non ha più senso immortalare iperrealisticamente la natura, visto che tale funzione sarà svolta dal dagherrotipo e dal cinema poi. Celluloide, circo della vita in cui Zanzotto racconterà una parte di sé.      Sé, soggetto, corpo e paesaggio si perdono nel tentativo di trovare l’assoluto che Zanzotto non smetterà mai di cercare consapevole forse che, anche scoprendo la verità suprema, questa non cambierà nulla e certo non ci impedirà di morire. Anche conoscere la verità suprema non ci consentirebbe di comprenderla e forse resteremmo abbagliati in un platonico lampo diretto allo sguardo o semplicemente diventeremmo noi stessi divini. Nella scelta, estremamente modesta e allo stesso tempo ultraelitaria, di essere poeta in una società post concentrazionaria, boom dualistica e tutta presa da dicotomiche lotte tra Occidente ed Oriente, Zanzotto si stacca e trasforma metafore e segnal di lingue-madri-al-quadrato, paradisiache genitrici di vibrazioni sonore che tutto carezzano, fino allo scontro con vetro-filtro che riporta l’origine di canini stridori nella negazione di un bosco che non è più rifugio. E se il nutrimento veleno di una macchina da cucire tutto lega col suo filo cultura-collante e tutto punge col suo ago polizia-escludente, il paesaggio sviluppa e muore mentre il poeta lo intravede e        capisce che la sua terra è avviata al declino. L’esplosione economica di uno stato-nazione non è mai il momento della sua crisi, ma il tempo del suo apice-declino, l’origine della sua parabola discendente. Un tempo che però riesce ad espandersi, un megatempo che dà modo alle ere geologiche di incontrarsi in non luoghi e non tempi dentro la bolla-protezione del proprio paesaggio. Se il mare va via, resta il deserto e l’uomo trova sé stesso e le assurde follie fatte di indicibili violenze che gli ricordano ogni giorno il suo essere fiera dantesca, il suo essere spietato e bestiale e quindi ancora una volta opposto alla bellezza dell’illusione, nel tentativo di scancellare il significato della sua percezione del reale, astraendosi totalmente da ciò che è corpo. Illusione nella ricerca dell’assoluto e della scoperta e nello studio della conoscenza, che rischia di diventare trattieni/tempo in cui scegliere come raccontare, rappresentare il mondo e quindi scrivere poesie diventa gioco, forse l’unico gioco che il poeta può e vuol fare.
Una mente troppo arguta e vivace mette in disparte intangibili banalità della creazione, unendo aristocratiche e snobistiche attività cerebrali e modeste e provincialissime pause sentimentali. Probabilmente perché egli è convinto, forse non a torto, che tutto è  in continuo e perenne equilibrio, tutto è Sole e Luna, tutto è uno stupidissimo derby calcistico e forse proprio non c’è niente di più … ed è così che la poesia diventa campo di battaglia, incarnazione semplice, chiara e pura di un soggetto post umano, spaventato più dal lento agonizzare di 1000 punture di zanzara, che da una pugnalata liberatoria. Un soggetto che fu, fossile, avo, morto, straniato e che ha visto la realtà senza filtri in un’esperienza precaria nell’osservazione dell’opera d’arte che cerca di liberare il paesaggio da se stesso, dal corpo, dai corpi e dal soggetto e forse non ci riuscirà mai mentre continua ad alzarsi cadendo in un titanismo romantico che prometeicamente ruba la fiamma agli Dei e cerca goffamente di osservare l’illimitato, il sublime, tutto in contrasto tra immagina-zione e ragione, cosciente che un soffio di vento potrebbe spazzarlo via. Zanzotto però non demorde, forse ha trovato il senso alla propria esistenza, che nulla può contro Cronos e Thanatos; nello scrittore c’è il tentativo di evidenziare una radice etica, una prospettiva pedagogica nella lotta tra Eros contro Thanatos, che vuole trovare le ragioni profonde della sublimità della poesia, il piacere del linguaggio che si prende cura della civiltà attraverso pulsioni di vita e di morte, di capacità e di handicap che si materializzano in una disperata vitalità che è sperare nella non speranza e, se a tratti potrebbe sembrare anacronistico, eccentrico, attardato, questo prendersi cura dell’anima e del DNA del paesaggio, è in realtà estremamente moderno e necessario. Quello che emerge, in fondo, è il tentativo, tutto umano e sempre contemporaneo, di trovare un senso, un “forse” e il poeta prova a raccontarlo con la forma più alta di amore: il rispetto.  Restituire alla natura il suo essere viva, spontanea e creativa, fatta di fantasticazione antimaterica, ma anche di elementi scaturiti dal Big Bang, anticipando idee ed economie della resistenza. Resistere, “nonostante tutto”, parafrasando, “come ginestre e topinambur”.  

Marco Brama

(dalla brutta conservata di un mio esame)

lunedì 16 giugno 2014

Uccidere una persona è estremizzare il gesto di toglierle per sempre il saluto o censurare le sue idee senza rispettarle!

domenica 15 giugno 2014

Chiaramente…

Mostruose e bestiali bocche facocere che di polenta e sangue si nutrono… …  morire, in acqua, nel silenzio, nell'indifferenza, nell'amore, nell'incoscienza, nella ricchezza, nella miseria, nella follia, nella pace, tra le braccia, distanti da casa, tra mille cuscini, ma pur sempre morire…

Pace

Poi arrivò il silenzio e non fu rumoroso come atteso… mai sarà la realtà schioccante come l'idea… e noi ridicoli facoceri di polenta onnivora sfamati mai sazi della nostra arrogante mente…

venerdì 13 giugno 2014

Campanelle senza nome

I fiori campanelle senza nome,
(che io conosca)
rosa di guance e fragole,
che il mio più che padre di madre ragalava alla sua amata,
trenta anni sbocciarono ancora,
sotto le scale del mio tetto,
dove mia madre al quadrato saliva e saliva…
Ora, nero, coagulo, io sono qui e non riesco a guardare ...
acqua di mare ... pensa un po' cosa scende dal nostro oblò verso-dentro…  forse un'evoluzione-involuzione involontaria.
Non so se ce la farò mai.

Marco Brama

A immagine e somiglianza

Io sono te e tutti a immagine e somiglianza
... nel vomito, nella miseria, nell'errore
… chiunque e qualunque escremento può diventare nutrimento nella catena, nell'economia della ragione
… chiedo ancora scusa, altro io non so fare, credo altro non si possa fare e dire per giustificare l'inutilità
… e forse domani tornerò normale, ridicolo e stupido, superficiale e violento, maledetto e affascinante, viscido e insensibile come te, come tutti a immagine e somiglianza ...

Marco Brama

2d 3d

Società e ragione creati con la violenza della istituzioni?
anche o non violenza, ma no!
inutilità della vita
... idiozia, la mia per prima
... robin hood?
no scusa, ti chiedo scusa
… o forse no
…  tanto di noi chi si cura
…  forse un po' di merda cosmica sparpagliata da un vento puzzolente in chissà quale dimensione
... icona bidimensionale di realtà plurimorfica riempi le tue giornate, impiega in qualcosa il tempo della parabola discendente e se vuoi la ragione forse ce l'hai
... politicante divertente, ridicolo e adorabile omino della culturina perché sei ancora giovane e indistruttibile e non posso dimostrare niente
… forse solo, ti chiedo scusa per tutto signore e ti ringrazio per aver deciso di decidere per me che vivo nella tua torre
.. addio ..

Marco Brama

Non posso fare niente!

… ma de che volemo parla?
... ma io con chi parlerò?
su faccialibro, in scatola-magica etere-dittatrice, nei giornali-carta-virtuale di figli di operai-snob-cacio-e-pepe chi vi spazzerà via dai libri di storia
… con chi voglio confrontare-arrendermi?
con i polis-zio?
i filodiffusi-sofi?
con i polis-attici?
con i finanzia-ieri?
con i la-si-do-re-dri?
i "detentori" piccoli piccoli dottorini della cultura de paese?
con i professori-cattedra-del-niente, col papa-dio-misogino-in-terrrainvenzione?
fate un po' come ve pare, ma si!!!
trombate e giocate a calcio, raccontate la vostra storia, sposatevi e fatevi l'amante, staccolate e passatevi le mani nei capelli e poi suonateci il violino, affogate i negri nel mare, non ascoltate gli altri, create un PARLAmento ancora più grande e magnateve tutti i soldi possibili, drogatevi, stuprate, rubate, obbligate gli altri, viva Cesare e i suoi surrogati?
forse!
forse fate benissimo e avete ragione voi
…  io però vi chiedo scusa
... forse solo poesia

Marco Brama

martedì 10 giugno 2014

Scoregge demiurgiche

Piccolezze dell'uomo delle origini del corpo assunto maschio-divino dimenticato, estirpato. Religione e istituzione trasformano pensieri in esseri, malattie cercate per provare il dolore dell'assenza, assenza dalla sostanza vitale energetica, fatica ancestrale, atavica riproduzione, sesso negato; ridicoli uomini che recitano follie, in personaggi-maschera che assumono a duplicato del corpo e dell'idea informe fatta di sofferenze non necessarie, di inutili creazioni di società post-decadenti quando in realtà sono specchio informe della bestia scimmia che tanto ci rappresenta. Prendi un bambino di due anni, studia i suoi comportamenti, i suoi desideri, le sue paure, le sue incertezze, le sue smanie, i suoi bisogni istintivi, applicali alla ricerca dell'io-immagine-narciso- fisica riflesso nel sesso opposto e capirai l'uomo.

Marco Brama