venerdì 13 marzo 2015

Realmente arte, realmente pensiero

Fisso questo pensiero tramite il linguaggio scritto. Il tentativo di equiparare il pensare filosofico e il pensare artistico, sembra lo scopo di molti pensatori occidentali da molto tempo, ma cosa è "realmente" e come avviene il creare-pensare arte non lo ha mai definito nessun artista in modo compiuto. Quello che in realtà non viene mai considerato è il rapporto tra fare creativo e lavoro nel senso di attività legata ad un godimento economico o gratificazione di pubblico. Comporre un brano liberamente non può essere equiparato a comporre un brano su commissione e soggetto. Voglio dire, immaginate anche un pittore a cui commissionano un quadro a soggetto per un luogo specifico; un affresco sulla passione in una chiesa, la Creazione nella stanza di un ricco signore. L'arte diventa artigianato perché manca il desiderio, il bisogno dell'artista stesso. Il godimento è rappresentato dal riflesso del godimento altrui e dell'aspettativa del giudizio. C'è opera d'arte solo quando il pensiero dell'artista trova compimento e appagamento liberamente, traducendolo in una forma compiuta dopo una scelta materiale non vincolata dall'obiettivo finale. L'opera pittorica o musicale che sia, produce, giunta a conclusione, un effetto soddisfacente e inatteso sull'artista stesso. Ed è realmente valida quando, a distanza di tempo, riesce a mostrare ancora l'idea in modo soddisfacente. Ovviamente l'artista ha una sua idea di partenza, anche il musicista che prefigura il brano, lo vede realmente, lo traduce in immagini legate allo strumento, al movimento che compieranno le sue mani, ma prefigura anche l'atto dell'ascolto sentendo prima ancora della traduzione esecutiva i suoni nella loro stratificazione polifonica, la pressione dei tasti, il muovere un archetto, il sedersi su uno sgabello freddo di un'arpa, stringere una penna, toccare la carta pentagrammata. Stesso farà il pittore con gli odori dei diluenti, dei colori, i sensi del tatto. Tutto questo accade anche se si crea un brano su commissione, ma manca la libertà associativa; la selezione dei materiali, i timbri degli strumenti, il tempo, le armonie sono già piegate al risultato. Comporre un brano malinconico, magari per un film, a sottolineare una solitudine compiaciuta di fronte ad un orizzonte al tramonto, implica una selezione di stilemi già consolidati. In realtà quindi l'artista seleziona soltanto alcuni di questi tasselli e li riassembla senza potersi discostare da quello che è il risultato atteso e la tipologia di brano associato a quella sensazione, per quello scopo. Ora l'atto di comporre liberamente, o dipingere un quadro senza scopo prefissato o ricavo economico, è ben diverso. È una necessità, un attimo in cui il pensiero e le parole si piegano al risultato che è già nell'aria, è già pronto e deve essere solo fissato come questo ragionamento in forma scritta attraverso un linguaggio standardizzato e valido per tutti, o quasi. Il linguaggio è in realtà un adattamento sociale del pensare con, appunto, finalità legate alla comunicazione. Stesso ragionamento vale per l'arte che però può farlo su un gradino più alto, superiore rispetto al ragionamento filosofico: l'artista, libero, può assemblare, plasmare, associare materiali a piacimento, senza un ordine apparentemente logico. Un musicista può utilizzare rumori, annullare il tempo, le regole armoniche, sfruttare il silenzio come una pagina bianca di un poeta, senza rinunciare al significato del suo inconscio; il filosofo al contrario è sempre vincolato al ragionamento e alla sua divulgazione in una forma necessariamente comprensibile, altrimenti non avrà raggiunto il suo scopo.Il fine dell'artista è invece permettere agli altri di entrare nel suo cervello e nel farlo l'unica preoccupazione sarà essere completamente superiore ai vincoli, senza necessariamente abbandonarli, ma coscientemente sentirli.
Marco Brama

domenica 8 marzo 2015

14 Marzo 2015 Disambigua Artspace presenta: “No Fear in Rainbow Avenue”

Fermento alle stelle per la seconda mostra organizzata da Disambigua Artspace, la nuova galleria d'Arte Contemporanea di Viterbo che ha aperto con un grande quanto inaspettato successo di critica e pubblico. In pochissimo tempo Disambigua ha dimostrato a tutti che proporre qualcosa di grande spessore a Viterbo è possibile! La galleria si è proposta da subito come un luogo speciale, unico e che non scende a compromessi e questo è stato notato dagli addetti ai lavori, dagli appassionati d'arte, ma anche da semplici curiosi che sono accorsi numerosi. Per chi non lo sapesse ancora, Disambigua è uno spazio che ospita eventi, mostre, anteprime, rassegne e dove ogni giorno si respira aria di novità, si possono incontrare persone interessanti e l'arte può manifestarsi in modi sempre nuovi, a volte anche in improvvise quanto coinvolgenti performance di artisti legati alle più disparate forme espressive. L'arte scorre incessante nelle opere selezionate da Carla Paiolo, artista e curatrice che non finisce mai di stupire con la sua sensibilità, originalità e con il suo occhio attento e capace di guardare oltre. Il 14 Marzo 2015 alle 19.00 si apre la personale di Federica Terracina e Incredible Fox, una mostra che ci proietterà in quei luoghi nascosti, intimi, spaventosi, che conosciamo, ma che cerchiamo di rimuovere continuamente e che qui saranno finalmente liberati trasformando il fine dell'arte in un fine-in-vista. Il significato dell'opera non sarà più un semplice punto di arrivo, ma significato della tendenza che si sviluppa incessantemente e questo grazie ad Artisti che hanno il coraggio di mostrarsi totalmente, interrogare e interrogarsi. Sarà un occasione, per noi fruitori, di ampliare l'esperienza. Esperienza estetica che qui finalmente acquisisce un nuovo senso, talmente ampio da diventare sinonimo di Vita, Storia, Natura, Uomo, Universo.

Culture Sharing

Disambigua Artspace, Via delle Fabbriche 47 Viterbo
Vernissage Sabato 14 Marzo 2015 ore 19.00


venerdì 6 marzo 2015

14 marzo 2015 - Personale di Federica Terracina e Incredible Fox

No fear in Rainbow Avenue è la personale di Federica Terracina e Incredible Fox che mette in scena una multi-visione del terrore, acquisito in termini individuali e sollecitato nell’altro mediante un progetto di carattere relazionale: Accettati. 

La natura duplice con cui l’artista riferisce di se stessa - come essere umano e al contempo creatura selvaggia individuata nella figura di Incredible Fox - ravvisa una sana e operosa attitudine visionaria, mantenuta viva da un’appassionata ironia, tagliente e sottile come conviene agli armamenti più elaborati. Incredible Fox non è una mera proiezione visionaria del sé, piuttosto un adulto riconoscimento dell’alterità acquisito dopo lunga gestazione e messo in grado di condurre una vita propria. Un ‘soggetto altro’ dalle nitide sembianze con il quale ‘vivere insieme’, con il distacco che consente di assimilare trazioni umorali e sollecitazioni, come contingenze utili alla crescita personale.

Una singolare predisposizione al doppio, quella di Federica Terracina, che consente il verificarsi di uno stato-in-trasparenza, capace di accogliere, lontano dall’indeterminatezza che questa virtù può creare se limitata a una tensione inespressa, non sviscerata in termini di potenziale dinamico e produttivo.
Inclinazione che ha il suo peso, proprio in funzione della centralità che rivestono l’interscambio soggettivo e il valore della reciprocità, all’interno di interventi concepiti sulla base di dinamiche relazionali, delle quali è intessuto un progetto come Accettati.

Nato nel 2013 e in fase di evoluzione, Accettati è composto dalla raccolta di materiale di persone che, partecipando, accolgono la richiesta dell’artista di comunicare il proprio rapporto con l’universo dei mostri, o che ‘accettano’ di farlo servendosi di lei come tramite, trasformando in tal modo un’esplorazione intima in condivisione istantanea, mediata a partire da una richiesta di aiuto.
Come Federica Terracina e Incredible Fox, espongono: È viaggio intimo, alla ricerca dei propri mostri. Chi sono? Dove vivono? Perché crescono insieme a noi? Un allenamento all’ascolto dei propri silenzi.

No fear in Rainbow Avenue, è la gestione del terrore edulcorata da un’efficiente dose d’ironia che si ramifica in cromie visionarie, personali e di chi ha avuto il coraggio di palesare le creature sedate nei propri silenzi. Visioni che si presentano come figurazioni dalle tonalità accese, multiformi, dove l’alternanza del bianco&nero diventa veicolo con cui cogliere l’apoteosi di una società che assiste alla quotidiana messa in opera del terrore-orrore.
Federica Terracina e Incredible Fox, vivono la solitudine di chi lucidamente osserva tale delirio di massa e oppone resistenza, difendendo con forza lo spazio riservato al gioco. In questo spazio avviene la multi-visione del terrore, la demistificazione resa da raffinate stratificazioni di senso. Universi nei quali si avvicendano piani riflettenti, identità versatili che mostrano e occultano, figure ricercate, dettagli irriverenti spesso marcatamente kitsch. Le paure sono messe a confronto, esaminate e poi cestinate, così da mantenere impulsi propositivi e creare la gioia adatta per dare amore. Dare amore con i colori che si hanno a disposizione, privandosene se necessario.
Continuamente in sospensione e in uno stato-in-trasparenza.

A conclusione i pensieri dell’artista: dall’inferno senza noia di chi ‘si trattiene per non volare via’ e di chi ‘si augura una festa e dei sorrisi per la propria morte, così da ricordare la felicità e la condanna di chi non si arrende mai’.

*(Accettati)* 


a cura di Carla Paiolo