domenica 17 gennaio 2021

survivalisti

Lo so, vogliamo evadere e non pensare, perché siamo stanchi e stressati, ma evitare di pensare e agire è forse il più grande errore che si possa compiere per le generazioni future. Se e quando finirà tutto questo (senza entrare nel merito di come sia stato possibile) dovremo fare i conti con le macerie di un paese già finito ancor prima della pandemia. Dovremo ricostruire e sappiamo tutti che siamo stati capaci di speculare perfino sui morti e durante l'emergenza! Quando ci sarà bisogno, la corruzione e la criminalità organizzata, che già girano in aria come avvoltoi, si leccheranno i baffi. Arriveranno ovunque e dovremo essere forti più che pronti, per sostenere chi ha bisogno e proteggere i più giovani. Non dovrà verificarsi neppure una guerra tra poveri, ma dovrà emergere una gara di solidarietà basata su un modello diverso da quello sostenuto in questi ultimi decenni, perché i quaranta anni appena trascorsi sono stati una discesa senza corde in un burrone, un cammino in un limbo dove il dramma è stato avere quel poco che basta per sopravvivere, un limbo che inevitabilmente favorisce un lento declino, un incurvarsi per prepararsi alla bara. Piano piano, senza scossoni ti abitui all'idea della fine, cerchi di sopravvivere eliminando ogni giorno qualcosa... puoi farlo... si tratta solo di creare un nuovo equilibrio. Quaranta anni fa sono successi tanti eventi che hanno fatto da spartiacque, tanto che se proprio di postmoderno vogliamo parlare potremmo collocarlo negli anni della caduta del muro che ha scosso gli equilibri politici e dato l'avvio al lento e inesorabile declino della scuola. Se è vero che chi lo sapeva doveva andare in pensione e ha taciuto, oggi si persevera senza ripensamenti e tutto ciò che è cultura è stato accantonato, ignorato, spacciato per superfluo. Prima dell'oblio tutto era già lentamente caduto nella mediocrità e quel poco che si salvava era stato allontanato, ignorato, emarginato. Non parlo di qualche spettacolo della domenica, di due film da botteghino, di qualche balletto trasmesso perfino in TV, di un paio di romanzi dozzinali, di un'opera galleggiante sul Tevere o di tre cantantucoli da reality, quella è solo robetta da mercanti e compratori, io parlo del pensiero critico! Oggi, con la pandemia si è palesato a tutti che ci sono poche cose da considerare essenziali per questo paese: il cibo, internet, la TV, i benzinai, le farmacie, gli ospedali, il calcio. Il resto può non esistere; pensate, perfino la fede non è considerata essenziale. Ma è proprio per aver ignorato quello che oggi riteniamo non essenziale, che non siamo più in grado di creare scenari capaci di influenzare il mondo che ci circonda. Siamo e viviamo in un paese dove le idee non vengono sostenute... e sappiamo bene che le idee generano soldi! Oggi una nazione può forse contare più di un'idea, solo a patto che la sua cultura sia in grado di valicare i confini. La Dolce Vita dei nostri padri non era solo un film, era lo stile italiano che raggiungeva, incuriosiva, esportava i suoi prodotti nel mondo. Il boom economico è stato specchio di quello stile, di quella rinascita trainata dal neorealismo prima e dai grandi autori poi. Finalmente tornavamo ad esistere dalle macerie e tutti volevano essere un po' come noi, comprando qualsiasi cosa fosse "made in Italy". Certo, dietro c'era la politica, così come il sostegno e anche un bel guinzaglio, ma in fondo un vincastro c'è sempre stato, anche nel rinascimento che non è certo stato una semplice riunione di pittori rivoluzionari, piuttosto un'idea che rivoluzionava il punto di vista, che consentiva alle persone dopo secoli bui di vedere il mondo con occhi nuovi. Ecco, noi abbiamo  bisogno di occhi nuovi per raccontare una nuova idea, altrimenti l'unica cosa che potremo fare sarà svendere e creare l'ennesima generazione più povera dei propri genitori.

Marco Brama


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