venerdì 13 febbraio 2015

Lapidario e variabile

La ricerca dell'equilibrio è una delle pratiche più consolidate. Come se tutta l'esperienza fosse il tentativo di trovare una certezza, un punto fermo, una felicità immutabile ed eterna che soddisfi perennemente il punto di domanda.  Ma è proprio da questa incertezza che nasce la ricerca, la motivazione, la spinta umana a comprendere o a soddisfare pulsioni o mitigare tensioni. Senza questo perenne stato di disallineamento, incerta mutevolezza, instabile posizione emotivo-percettiva di sé all'interno di una società e di sé individualmente isolato, non avrebbe senso la spiegazione di nessun concetto, la ricerca di una verità sopra le altre. I giochi dei filosofi, che intrattengono la propria mente come in una eterna partita a scacchi con i filosofi che furono, è per lo meno risibile. L'uomo è quello che è, non muta nel tempo. Si arricchisce emotivamente, senzientemente, esperenzialmente, ma non cambia ciò che è, ovvero un essere instabile che vive una vita in perenne allineamento con gli altri tentando di trovare un senso assoluto, un godimento immutabile e ordinato in un'esistenza terrena che gli ricorda costantemente che la coscienza è l'errore più grave in cui si è imbattuto. La logica è pura illusione e astrazione dal complemento, antinaturale costruzione che allontana dai bisogni primari. Possibilmente borghese ogni vanesia considerazione metropolitana, frutto di un'economia che appagando gli istinti primari, crea tempo non preventivato nell'esperienza umana animale. Sì, perché ci consideriamo demiurghi e non animali quali in realtà siamo. Anche questo scritto è stato possibile per via delle migliorate condizioni di vita, la stratificazione della cultura e l'accumulo del tempo. Nella realtà dei fatti, dei luoghi lontani dall'organizzazione capitalistica occidentale, la vita è ancora meravigliosamente insensata, precaria, finita. Finirà inevitabilmente con l'esplosione solare anche in Occidente (ovviamente), ma gli intellettuali hanno creato l'illusione del progresso, del necessario, del culto prima e del colto poi, depositari di un sapere enorme e disumano. Appunto, disumano! Un modo buffo, imbarazzante perché fortemente vanesio di intrattenersi prima del sopraggiungere dell'orgasmo supremo, elucubrazioni mentali con tanto di imitazione dell'aristocrazia francese in un'inflessione comica e ridicola fatta di vocaboli ricchi di r proninciate in modo snob. Tentativo di innalzarsi, di sostenere che i propri ragionamenti sono più importanti e sensati di quelli di un contadino che vive atavicamente un retaggio naturale. Estetica borghese che esalta ballerine, showgirl, calciatori, ma al contempo scrittori e manager. Nell'immaginario collettivo il contadino è brutto, l'operaio è sfigato, lo spazzino un perdente. Invece è tutta un'invenzione intellettuale e borghese che non rende merito alla creazione stessa dell'uomo e al suo corpo. Cari filosofi, ahah come è buffo vedervi arrovellare nelle vostre contorte considerazioni che saranno cancellate dalla metafisica stessa. Tutto ruota a spirale, tutto tenta di accoppiarsi e riprodursi, tutto è ciclico; il beneficio di un contatto, manifestazione fisica del reale.  Piccoli, piccoli, piccoli... piuttosto, mantenere inalterata questa condizione di instabilità se non volete cadere in depressione!

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