lunedì 29 novembre 2021

TV mon amour

La TV nasce come strumento di comunicazione a distanza. Dopo anni di sperimentazioni, Il 22 marzo 1935 viene messo in onda dalla Germania nazista il primo programma televisivo regolare del mondo, costituito da quattro ore e mezzo di trasmissioni settimanali. Sempre tedesca la prima diretta televisiva sportiva, trasmessa nell'estate del 1936 in Germania con i Giochi della XI Olimpiade a Berlino. Successivamente la TV si afferma negli Stati Uniti come mezzo pubblicitario, di informazione e intrattenimento per la piccola e media borghesia. Quella che il grande Gianni Toti definirà "lontano visione", è uno strumento che ha da subito destato l'interesse di imprenditori e politici, perché in grado di far arrivare la loro voce direttamente nelle case delle persone, nel momento più sacro e intimo: la cena. La TV è stata matrigna tiranna e sostenitrice scellerata della cultura dei consumi, ma anche portavoce della democrazia occidentale così come la conosciamo, diventando infine specchio e riflesso della società stessa. Da subito molti studiosi hanno cercato di capirne i meccanismi, la portata e gli effetti sulle persone, per regolarizzarli, standardizzarli e replicarli. È statunitense la teoria dell'ago ipodermico, nata tra le due guerre mondiali per mano di Harold Lasswell, in un clima generale di grande timore e diffidenza per i media. Non si può non ricordare come proprio in quegli anni, l'Europa fosse attraversata dal fenomeno nazista e fascista dove le masse, ancora inconsapevoli del reale potere dei mass media, furono portate a sostenere i loro regimi che proponevano campagne di radio e cinegiornali martellanti e, se qualcuno non aveva accesso al cinema, alla radio o alla nuova e ancora poco diffusa TV, c'erano comunque i giornali a somministrare informazioni di regime. Lasswell evidenziò come la gente comune, fosse profondamente condizionata dai media, tanto da finire col credere praticamente a qualsiasi notizia trasmessa, perché ripetuta costantemente e ascoltata a casa dove ci si sente al sicuro; inoltre l'assenza di una qualsiasi forma di interattività, rendeva lo schermo televisivo "cattedratico", trasformandolo agli occhi del pubblico, in una fonte di informazioni sicuramente "ufficiale", al pari dei quotidiani. Come non ricordare il falso racconto del 1938 giunto intatto fino a noi, a propostito del panico vissuto dal pubblico che ascoltava uno sceneggiato recitato da Orson Welles, che parlava di un'invasione aliena? La verità è che la trasmissione non ebbe gli ascolti sperati e per alzarne l'audience, si pensò alla migliore strategia per pubblicizzarla. Arrivarono a sostegno della CBS i giornali, che scrissero a lungo del panico generato tra le persone che avevano ascoltato la prima puntata dello sceneggiato. Come fini? Che tutti cominciarono a considerare vera, quella che era semplicemente una Fake pubblicitaria, giunta fino a noi, in una flebile quanto malconcia memoria collettiva. Ora, quello che sconcerta, al di là di alcune teorie più recenti che sostengano come oggi un pubblico più formato e i media possano influenzarsi vicendevolmente, è non aver imparato nulla dei meccanismi e dei mezzi costitutivi delle dittature e delle democrazie moderne, di cui la TV è diventata il portavoce privilegiato. Chi fa TV l'ha voluta chiaramente popolare, lo ha fatto per raggiungere tutti indistintamente, per soddisfare un target generalista e più esteso possibile, ma nel farlo ha dovuto rinunciare alla qualità, preferendo la quantità, con risultati che hanno spinto sempre di più nella direzione di una dozzinale "superficialità", quella che ci ha consegnato la TV spazzatura. Oggi tutto è parziale e soggettivo nella "scatola magica" e ciò che più preoccupa, non è tanto la reazione del grande pubblico, di cui un secolo di studi ci ha insegnato vita, morte e miracoli, ma la neutralità degli intellettuali che sono caduti nella trappola della mediocrità televisiva, legittimandola. #media #tv 

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