giovedì 12 settembre 2019

La musica italiana indipendente è viva e vegeta e gli artisti invadono la rete.


La musica italiana indipendente è viva e vegeta e gli artisti invadono la rete.
La "nuova" scena musicale italiana è in fermento; la musica indie è ovunque, ma di cosa si tratta ed è sempre di qualità?
Contrariamente a quanto crediamo, la parola indie non identifica un genere, ma comprende gli artisti che non sono legati alle maggiori case discografiche e non gravitano attorno a talent e concorsi musicali. Anche se in Italia il termine è associato erroneamente a un genere musicale vicino al rock, dobbiamo ricordarci che indie sta proprio ad indicare indipendente, cioè senza vincoli contrattuali. Un territorio complesso e articolato, dove le parole d'ordine sono: "alternativa", "novità", "creatività" e ovviamente "indipendenza". Molti artisti sfruttando Youtube e i social più diffusi, sono diventati delle vere e proprie star, icone in grado di ispirare e motivare i giovani millenial. Non è il caso di tutti; ci sono artisti che amano sperimentare e proporre liberamente le loro opere solo per il gusto di farlo e che conseguentemente, non hanno un pubblico formato oppure si rivolgono a nicchie consolidate, svolgendo un lavoro freelance. Per comprendere meglio questa realtà abbiamo deciso di rivolgere alcune domande a Marco Brama, un artista indipendente e in attività da più di 25 anni.
- Cos'è per lei la musica indie? -
- Semplicemente esistere e resistere! -
- Come si diventa artisti indie? -
- Tutti siamo artisti indie finché non firmiamo un contratto! (ride) Il punto è avere chiaro in testa che tutto quello che si fa, a meno che non si disponga di un capitale di partenza, si dovrà farlo da soli e meglio. -
- Perché gli indie non si affidano a una casa discografica? -
- Credo che alla base di tutto ci sia un'esigenza di coerenza personale per cui gli artisti indipendenti non cambierebbero una virgola dei loro lavori, anche di quelli meno riusciti. Non credo che la musica, l'arte in genere, possano essere condizionate dalla prassi, dai gusti, dalle esigenze del mercato. Le case discografiche hanno spese, personale e mille canali da gestire, non hanno tempo e voglia di rischiare un investimento, solo per il gusto di sperimentare un prodotto originale. Per cui si taglia la testa al toro e si fa tutto da soli.-
- Molti musicisti indie non sono professionisti, ma lei ha avuto anche importanti riconoscimenti, collaborato con numerosi artisti e realizzato di tutto, perfino colonne sonore in Italia e all'estero per la tv, il cinema e il teatro. Per quale motivo non cambiare per avere più visibilità? -
- Non si deve essere in contraddizione con se stessi e in fondo si spera sempre che esista qualcuno che vada oltre le regole e condivida i lavori, magari proprio queste parole [...] e poi è un modo per dire: "Nonostante tutto e tutti, che vi piaccia o no, esistiamo anche noi e non possiamo/vogliamo adeguarci!" -
- Anche se spesso sono di indiscutibile qualità, molti video musicali su Youtube non hanno un grande successo di pubblico. Come se lo spiega? -
- Beh, Youtube è una piattaforma molto popolare dove tutti si rincorrono e si imitano a vicenda sulla scia del successo. Ci sono regole per realizzare video o brani su misura per target specifici e quando fai musica sperimentale o comunque non canzoni convenzionali, è ancora più dura. Non c'è un pubblico formato, ma solo quello abituato ai generi di un mercato che ritengo mediocre o "culinario", come lo definirebbe il grande Bertolt Brecht. -
- Il suo ultimo lavoro si intitola Halibut. È solo il nome di un pesce, una sorta di salmone che risale le acque, o c'è di più? -
- "Suonava" bene e in inglese significa "a metà", un po' come gli artisti indipendenti: liberi ma senza portafoglio (ride)! -
- Come porterà a conoscenza del grande pubblico il suo lavoro, seguirà le modalità degli altri youtubers? -
- Continuerò ad usare le piattaforme online gratuite confidando nel passaparola, nella stampa, che è sempre attenta alle piccole realtà, e sfrutterò le performance per proporre i miei lavori. Non è semplice, specialmente in un paese culturalmente depresso come il nostro, ma mi piace sperare che anche il mio semplice contributo, possa rendere l'arte più libera e gli artisti più consapevoli del loro lavoro. -

Cristiano Colagrossi

Culture Sharing è una piattaforma virtuale indipendente di condivisione culturale, nata nel 2012 in collaborazione con i ragazzi del DAMS di Roma Tre.

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