La musica italiana indipendente è viva e vegeta e gli
artisti invadono la rete.
La "nuova" scena musicale italiana è in fermento;
la musica indie è ovunque, ma di cosa
si tratta ed è sempre di qualità?
Contrariamente a quanto crediamo,
la parola indie non identifica un
genere, ma comprende gli artisti che non sono legati alle maggiori case
discografiche e non gravitano attorno a talent e concorsi musicali. Anche se in
Italia il termine è associato erroneamente a un genere musicale vicino al rock,
dobbiamo ricordarci che indie sta
proprio ad indicare indipendente, cioè senza vincoli contrattuali. Un
territorio complesso e articolato, dove le parole d'ordine sono:
"alternativa", "novità", "creatività" e
ovviamente "indipendenza". Molti artisti sfruttando Youtube e i social
più diffusi, sono diventati delle vere e proprie star, icone in grado di
ispirare e motivare i giovani millenial.
Non è il caso di tutti; ci sono artisti che amano sperimentare e proporre
liberamente le loro opere solo per il gusto di farlo e che conseguentemente,
non hanno un pubblico formato oppure si rivolgono a nicchie consolidate,
svolgendo un lavoro freelance. Per
comprendere meglio questa realtà abbiamo deciso di rivolgere alcune domande a
Marco Brama, un artista indipendente e in attività da più di 25 anni.
- Cos'è per lei la musica indie? -
- Semplicemente esistere e
resistere! -
- Come si diventa artisti indie? -
- Tutti siamo artisti indie finché non firmiamo un contratto!
(ride) Il punto è avere chiaro in testa che tutto quello che si fa, a meno che
non si disponga di un capitale di partenza, si dovrà farlo da soli e meglio. -
- Perché gli indie non si affidano a una casa discografica? -
- Credo che alla base di tutto ci
sia un'esigenza di coerenza personale per cui gli artisti indipendenti non cambierebbero
una virgola dei loro lavori, anche di quelli meno riusciti. Non credo che la
musica, l'arte in genere, possano essere condizionate dalla prassi, dai gusti,
dalle esigenze del mercato. Le case discografiche hanno spese, personale e
mille canali da gestire, non hanno tempo e voglia di rischiare un investimento,
solo per il gusto di sperimentare un prodotto originale. Per cui si taglia la
testa al toro e si fa tutto da soli.-
- Molti musicisti indie non sono professionisti, ma lei ha
avuto anche importanti riconoscimenti, collaborato con numerosi artisti e
realizzato di tutto, perfino colonne sonore in Italia e all'estero per la tv,
il cinema e il teatro. Per quale motivo non cambiare per avere più visibilità?
-
- Non si deve essere in
contraddizione con se stessi e in fondo si spera sempre che esista qualcuno che
vada oltre le regole e condivida i lavori, magari proprio queste parole [...] e
poi è un modo per dire: "Nonostante tutto e tutti, che vi piaccia o no,
esistiamo anche noi e non possiamo/vogliamo adeguarci!" -
- Anche se spesso sono di
indiscutibile qualità, molti video musicali su Youtube non hanno un grande
successo di pubblico. Come se lo spiega? -
- Beh, Youtube è una piattaforma
molto popolare dove tutti si rincorrono e si imitano a vicenda sulla scia del
successo. Ci sono regole per realizzare video o brani su misura per target specifici e quando fai musica
sperimentale o comunque non canzoni convenzionali, è ancora più dura. Non c'è
un pubblico formato, ma solo quello abituato ai generi di un mercato che
ritengo mediocre o "culinario", come lo definirebbe il grande Bertolt
Brecht. -
- Il suo ultimo lavoro si
intitola Halibut. È solo il nome di
un pesce, una sorta di salmone che risale le acque, o c'è di più? -
- "Suonava" bene e in
inglese significa "a metà", un po' come gli artisti indipendenti: liberi
ma senza portafoglio (ride)! -
- Come porterà a conoscenza del
grande pubblico il suo lavoro, seguirà le modalità degli altri youtubers? -
- Continuerò ad usare le
piattaforme online gratuite confidando nel passaparola, nella stampa, che è
sempre attenta alle piccole realtà, e sfrutterò le performance per proporre i
miei lavori. Non è semplice, specialmente in un paese culturalmente depresso
come il nostro, ma mi piace sperare che anche il mio semplice contributo, possa
rendere l'arte più libera e gli artisti più consapevoli del loro lavoro. -
Cristiano Colagrossi
Culture Sharing è una piattaforma virtuale indipendente di condivisione culturale, nata nel 2012 in collaborazione con i ragazzi del DAMS di Roma Tre.
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