Sintetizzare in questo breve approfondimento
ciò che è avvenuto nella musica è un'impresa praticamente impossibile perché l'arte
dei suoni ha visto nei millenni innumerevoli regolarizzazioni, evoluzioni,
rivolgimenti, contaminazioni, divisioni interne. L'origine legata
all'imitazione della natura è stata ridefinita nel tempo fino a delineare due
grandi correnti: la musica a programma, che "racconta" una storia e
la musica assoluta, non rappresentativa, che considera l'arte dei suoni l'arte
pura per eccellenza, senza corpo e materia palpabile, da non "sporcare"
con le altre discipline. La musica aveva fatto la sua grande rivoluzione autoriale
e linguistica già nell'Ottocento con Ludwig van Beethoven che aveva definitivamente
svincolato la figura del compositore da quella di "servo" e messo in
discussione le regole acquisite con le sue composizioni, in particolare con le
sue sinfonie. Successivamente, proprio con la musica assoluta (termine coniato
da Wagner nel 1846 a proposito della nona sinfonia di Beethoven), i poemi
sinfonici, la musica da tappezzeria con i primi loop della storia (senza fine
temporale teorica alcuna) e il primo pianoforte preparato di Satie, passando
per la rielaborazione della musica popolare fatta dai grandi compositori
dell'est, si preparava il terreno per l'esplosione delle avanguardie che avrebbero
inaugurato il nuovo secolo in Russia, Italia e successivamente in Francia e Austria.
Un discorso a parte merita il melodramma italiano che si inserisce
trasversalmente in questa evoluzione, creando una terza via, una vera e propria
rivoluzione linguistica che proverà a fondere la musica con il teatro, la
poesia, la danza. Se le "espansioni" strutturali di Igor' Fëdorovič
Stravinskij iniziate nel 1910 con "L'uccello di fuoco" rinnovavano
profondamente il linguaggio senza disgregarlo, ma comunque aprendo un nuovo
percorso musicale per tutto l'est europeo, la musica sembra non essersi fermata
mai in questa trasformazione, ampliando (come nel caso del compositore russo) o
mettendo perennemente in discussione quanto acquisito. In effetti, potremmo
parlare di "Storie delle musiche", tuttora in evoluzione, all'interno
del percorso occidentale, senza neppure scomodare il resto del mondo e gli
studi etnomusicologici. Questa discussione che è alla base di radicali destrutturazioni
ancora in atto, ha visto molti momenti di rottura che hanno aperto a diversi
"racconti" espressi con innumerevoli linguaggi. L'inizio del secolo
vede anche l'affermarsi del cinema, un'arte giovane e "bisognosa" di
musica perché "muta", che stava creando dal nulla il suo linguaggio,
in cui le didascalie sembravano essere un elemento di disturbo e di arresto nel
fluire di un discorso fatto solo con immagini in movimento, tanto da spingere
molti autori a mettere in relazione la qualità della pellicola con la totale
assenza di didascalie presenti ("La lettera rossa" di Victor Sjöström
del 1926 e "Aurora" di Friedrich Wilhelm Murnau del 1927). Con
l'aumento della durata dei film, l'elaborazione di storie sempre più complesse,
le numerose regolarizzazioni del montaggio, si è fatta sempre più pressante
l'esigenza di riempire questo "vuoto", questo imbarazzo di fronte al
silenzio straniante della rappresentazione con "qualcosa". Già nel 1909 questo spinse la casa
cinematografica Edison a pubblicare un catalogo intitolato "Suggestion for
music", in cui a ciascun tipo di azione o emozione erano associate melodie
del repertorio classico da far eseguire a uno o più musicisti durante la
proiezione del film. Non mancavano certo le composizioni originali create per i
vari lavori, ma generalmente si riducevano alle produzioni maggiori. Questo
affiancare i film con una colonna sonora scritta per il film ed eseguita dal
vivo durante la sua proiezione, incontrò l'interesse di un numero crescente di compositori.
Nel 1908 il francese C. Saint-Saëns compose la prima importante partitura
originale per film per "L’Assassinat du Duc" de Guise di C. Le Bargy.
Tra gli altri celebri compositori che svilupparono le prime musiche originali
per film, vi furono il già citato Satie, I. Pizzetti, Sergei Prokofe´v. In Italia, dove in questo periodo
nascevano i primi colossal della storia, ci fu grande interesse nei confronti
del sonoro (non solo musicale) legato al cinema. Il primo vero confronto con
l'idea di colonna sonora che innescò anche un terremoto nel linguaggio musicale,
fu quello dei futuristi italiani che ha fatto da apripista alla musica
concreta. Il loro manifesto "L'arte dei rumori" (scritto da Luigi
Russolo nel 1913) associava il concetto di musica a quello di rumore elevando
quest'ultimo a vero oggetto della composizione. La stessa idea dei futuristi
italiani anticipava, anche grazie all'intonarumori di loro invenzione, le
sonorità che saranno tipiche della musica concreta trentacinque anni più tardi.
Nello stesso anno il francese Eric Satie mostra la sua scrittura del tutto
originale, sperimenta nuove forme del suono e inventa la tecnica del pianoforte
preparato inserendo per la prima volta degli oggetti nella cassa armonica dello
strumento nell'opera "Le Piège de Méduse"; dopo avere già venti anni
prima (siamo nel 1893) composto il primo brano di musica d'ambiente, una
composizione teoricamente senza fine, il brano più lungo della storia, "Vexations",
composto da trentacinque battute ripetute 840 volte per una durata totale di
circa venti ore. Satie darà un grande impulso al rapporto tra musica e arte, com'è
evidente nel balletto "Parade" del 1917, a cui hanno partecipato alla
realizzazione Jean Cocteau e Picasso. In questo balletto cubista, Satie usa
suoni molto innovativi come sirene, macchine da scrivere e altri effetti sonori
non tradizionalmente musicali e scrive brani antiaccademici difficilmente inquadrabili
nei generi conosciuti. Lontano dal melodramma italiano (che come accennato sembra
fare storia a sé e anticipare il "teatro filmato") la rivoluzione
investe anche la terra della musica propriamente classica: l'Austria. Nel 1923,
il "trifoglio" viennese che aveva contribuito alla definizione della
musica moderna, fu spazzato via dalla teorizzazione della
dodecafonia fatta da Arnold Schönberg che dissolse in un istante tutte le regole
armoniche acquisite nei secoli. Questa ennesima bomba scoppiata sul pentagramma
avrà conseguenze importanti nell'approccio all'arte dei suoni per i nuovi
compositori, anche per quelli più tradizionalisti. Intanto nel cinema americano
arriva il sonoro. Nel 1926 la presentazione di un nuovo procedimento chiamato
vitaphone, che prevedeva che il suono fosse registrato su un disco e
sincronizzato con il proiettore, fu un vero e proprio trionfo, così che l’anno
successivo uscì il primo film sonoro: "Il cantante di jazz" di A.
Crosland, con la colonna sonora incisa sul bordo della copia. Se già nastri
magnetici e sirene erano stati utilizzati in numerose composizioni, nel 1928 inizia
la produzione industriale in America dell'eterofono inventato nel 1919 in
Russia e contemporaneamente in Francia dell'Onde Martenot. L'interesse per questi dispositivi elettronici è tale che in
pochi anni vengono inseriti in alcune orchestre e diventano l'oggetto di
numerose composizioni, tra cui "Equatorial" di Varése del 1934 resta
uno dei brani spartiacque della storia con il merito di aver aperto
definitivamente le porte alla musica elettronica (con melodia e armonia). Da
questo momento in poi la composizione si trova arricchita di timbri, voci, fino
ad arrivare negli anni, ad utilizzare veri e propri strumenti musicali virtuali
che non solo non hanno cassa armonica, corde o ance, ma non esistono neppure materialmente.
Quindi non solo musica invisibile, ma anche strumenti invisibili e mediati solo
dall'elettronica, dall'elaboratore. Una musica profondamente intrecciata con
scienza, fisica e matematica, fatta di vibrazioni sonore che dischiudono il
linguaggio verso i "Colori fantastici" di nuove orchestre digitali
che estendono i suoni fino all'inudibile (per cui i suoni esistono, sono
traducibili in onde digitali, ma non sono più udibili dall'orecchio umano per
via di frequenze sub e iper-armoniche e devono affidarsi ad un terzo
"orecchiocchio".[1] E
se una parte di queste sperimentazioni è stata riassorbita dal sistema
diventando oggi musica di genere, e l'innovativo lettrismo del 1946, «teoria in perpetuo divenire, un sistema
totalizzante basato sia sulla decostruzione del linguaggio ridotto all’insieme
delle lettere e dei segni, sia sul disfacimento della forma e della pittura
trasformata in poliscrittura», di un grande precursore/anticipatore come Isidore
Isou, è rimasto un movimento poetico, artistico e musicale estremamente
marginale, la musica concreta di Pierre Schaeffer del 1948, dove la
rielaborazione diventa importante al pari dell'atto creativo e il rumore della
quotidianità si sostituisce al suono, si sviluppa in un terreno ormai
preparato, nel momento "giusto", e trova ampio seguito. Nel 1951,
grazie al progresso e alla diffusione di nuove apparecchiature, Schaeffer,
Pierre Henry e il fisico Andrè Moles fondarono con i finanziamenti dello studio
parigino RTF, il Gruppo di ricerca di musica concreta che ha creato il primo
studio per comporre esclusivamente musica elettronica. "Abbiamo chiamato la nostra musica concreta, poiché essa è
costituita da elementi preesistenti, presi in prestito da un qualsiasi
materiale sonoro, sia rumore o musica tradizionale. Questi elementi sono poi
composti in modo sperimentale mediante una costruzione diretta che tende a
realizzare una volontà di composizione senza l'aiuto, divenuto impossibile, di
una notazione musicale tradizionale". Nello stesso periodo, nacquero
diversi studi di musica elettronica e altri autori iniziarono a comporre
seguendo la stessa filosofia contrapposta allo strutturalismo
"postweberniano". "Desert" del 1954, una composizione di
Edgar Varèse per fiati e percussioni, viene considerata il primo capolavoro di
questo metodo compositivo, mentre "Gesang der Jünglinge im Feuerofen"
del 1955 di Karlheinz Stockhausen è la prima composizione di musica concreta a
presentare sonorità provenienti da segnali generati elettricamente. In questo
"genere" la mancanza di riferimenti armonici e melodici creerà, come
nella musica futurista, una sorta di straniamento permanente, mantenendolo nel
tempo un linguaggio alternativo a quello prettamente musicale. Senza
dimenticare il contributo di Webern e della serializzazione integrale, questo
passaggio avanguardista della musica elettro-acustica (che pur affievolito nel
numero di sperimentatori prosegue ancora) spiega il rapporto stretto tra
musicisti e esperti di videoarte. Il montaggio di tipo musicale, la post
produzione elettronica già avviata dal lettrismo, mettono in crisi il montaggio
di tipo fotografico. In America, il vento del cambiamento prende il nome di
Jazz, lo stile musicale popolare nato dalla canonizzazione della musica
popolare degli schiavi, che ha accompagnato il primo film sonoro della storia.
Quella del jazz non è stata tanto una rivoluzione musicale, piuttosto una
rivoluziona culturale che ha dato il via ad un discorso parallelo, una seconda
via, nella storia della musica occidentale alternativa a quella europea, che però
non destruttura quanto acquisito, ma estende l'armonia propriamente classica
(il periodo del "trifoglio" viennese), tralasciando la storia della
musica antecedente al periodo propriamente classico e le successive evoluzioni
strutturali/armoniche/ritmiche nella musica europea. Questa leggerezza di
analisi, leggerezza anche sonora che ne ha decretato il successo, sarà il motivo
del rifiuto di molti compositori europei, in contrapposizione a Gershwin che
eleverà il jazz inserendolo nella sua musica colta, di riconoscere la validità
di questo sistema tanto che il grande compositore russo Stravinskij, che con
"Il rito della primavera" aveva raggiunto livelli armonici, ritmici e
melodici, ad oggi inarrivabili, scriverà addirittura dei brani-sberleffo di
matrice jazz come "Piano rag music" (1919), per metterne in luce
l'elementarità strutturale e sminuendo quello che veniva mostrato come il baluardo
dell'innovazione jazzistica: l'improvvisazione solistica, che invece, senza
saperlo, riprendeva un'antica prassi della musica barocca italiana che si era
protratta per secoli. Parte delle innovazioni europee non sono però sconosciute
a tutti. Le lotte interne, i tentativi di approccio e confronto con le altre
arti e il cinema sembrano trovare finalmente un punto di approdo culturale
nell'artista-compositore americano John Cage, la cui opera per certi aspetti potrebbe
sembrare la naturale evoluzione di quella del francese Eric Satie, anche se a
ben guardare il compositore americano, a differenza del suo "maestro
spirituale" francese non sembra anticipare o aggiungere nulla alla musica
postweberniana. Se questo è vero, è perché a lui non interessava minimamente far
parte di quel macrodiscorso. Il suo era un approccio diverso, non prettamente
musicale e non debitore della filosofia kantiana, ma un vero e proprio
intreccio che muove la ricerca verso nuove forme espressive, nuove metodologie
produttive, nuove filosofie come quella Zen, il cui concetto fondamentale è la
mancanza di fini, di scopi, di intenzioni, che sarà un punto di riferimento
imprescindibile per gli artisti Fluxus e per la Soundart. Durante la visita alla camera anecoica dell'università di
Harvard, dove era possibile "sentire/ascoltare il silenzio", Cage sente/percepisce
il suo corpo. Sente i rumori del suo respiro, del sangue, del cuore, delle
articolazioni. In sintesi capisce come sia impossibile raggiungere il silenzio
che è quindi fondamentalmente una condizione sonora, è essa stessa materia,
onda rarefatta ma indistruttibile. Successivamente compone "4'33",
per qualsiasi strumento", un "opera" che consiste nel non
suonare lo strumento. Potrebbe sembrare pretestuoso, ma è molto importante a
livello estetico, perché mette in discussione la figura dell'autore, la figura
del compositore genio, di origine romantica, proprio quello che aveva dato
inizio alla rivoluzione musicale in cui si era inserito lo stesso Cage. E se senza
il compositore romantico, l'autore musicale sarebbe ancora oggi considerato al
pari di un servo, questo non sembra essere un problema per John Cage. In fondo
per un americano come lui la plurisecolare storia della musica europea è solo
una delle tante "storie delle musiche". Ora, se per quest'artista l'autore
genio esclusivamente musicale non conta nulla, tanto varrà sostituirlo con l'automatismo
di un robot che sceglie al suo posto, senza ragione, sfruttando una programmazione
randomizzata (la cui idea però non è affatto casuale, ma proprio opera
dell'autore/programmatore). La prima composizione in cui Cage impiega questa
nuova tecnica è "Music of Changes" per piano solo, del 1951. Il
processo "compositivo" sfrutta meccanismi casuali gestiti da un
calcolatore che sceglie all'interno di "celle" dei suoni, tra varie
possibilità di combinazioni ritmiche, melodiche e armoniche, in una sorta di
assurdo e irriverente bingo elettro-musicale. Oggi tutto è cambiato e sono
pochi i musicisti che continuano a sperimentare accordature, ricercare nuovi
linguaggi, preparare strumenti, ragionare in termini che vanno oltre la musica.
Per contro l'industria si è in un qualche modo "appropriata" di
questa intermedialità applicandola alla musica popolare in cui i concerti delle
star, sembrano aver conquistato addirittura l'attenzione di grandi artisti
dell'arte per la loro capacità di fondere performance, musica,
videoistallazioni, design, danza, "poesia". In questo senso le forme
espressive si ramificano incessantemente e la musica occidentale, tranne un
ristrettissimo numero di sperimentatori imperterriti ed emarginati dal mercato
musicale, vede da un lato la canonizzazione dei generi musicali, che hanno
definitivamente sostituito le tradizionali musiche nazionali, e dall'altro
innumerevoli filoni, più o meno colti e più o meno commerciali, che creano solo
stilemi e cliché per radio, televisione, cinema, danza e teatro, ma forse, anzi
sicuramente, un'altra rivoluzione musicale è già in atto.
Marco Brama
[1] Virtual
Audio Project Orchestra, 1997 "Psike ed Electra", CS Records
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