venerdì 8 agosto 2025
Oloclasi
Non credo che gemocidio sia sufficiente per definire ciò che sta accadendo a Gaza. Potremmo usare "oloclasi" (holos e Klasis - distruggere tutto irrimediabilmente) oppure "genocancellazione" per sottolineare che non si tratta solo di uccidere, ma di eliminare memoria, storia e identità. Durante il Nazismo, dopo la liberazione da parte dell’Armata Rossa, molti ebrei deportati riuscirono, per quanto spettralmente segnati, a tornare nelle loro terre, entrare nelle loro case vuote, e dire “io c’ero”, raccontare, testimoniare, scrivere libri, parlare ai figli, denunciare gli orrori con la voce incrinata di chi ha visto troppo, e chi riuscì a fuggire in America divenne penna, megafono, cinepresa, memoria viva e vibrante dell’inimmaginabile, oggi a Gaza, invece, i sopravvissuti sono prigionieri tra ciò che era e ciò che non sarà mai più, incatenati tra le macerie della loro origine e il buio di un futuro cancellato, perché non ci sarà una liberazione, ma un’occupazione, non un ritorno, ma una lenta sparizione, non memoriali, ma silenzi e fosse invisibili, nessuno scrive, nessuno filma, nessuno racconta, perché le parole si spezzano sotto le bombe e i video, quei pochi che riescono a bucare l’assedio, vengono soffocati, screditati, schiacciati dal peso feroce della propaganda israeliana e dell'indifferenza globale, se i gazawi fossero fuggiti, se avessero potuto trovare rifugio in terre lontane, avrebbero potuto parlare come fecero gli ebrei sopravvissuti, ma sono rimasti lì, e ora svaniscono, uno a uno, sotto i calcinacci, sotto i dati che nessuno conta, sotto la sabbia e il disprezzo, e se una sola vita spezzata è un crimine infinito, qui parliamo di migliaia e poi centinaia di migliaia, e nessuno sa chi fossero, nessuno conosce i loro nomi, nessuno ne sente il pianto, bambini che non finiranno mai l’asilo, madri che non potranno più cucire, corpi che non verranno mai estratti né pianti, e mentre spesso la Storia gonfia i numeri, trasformando 100.000 in 1 milione per non dimenticare, qui accade l’orrore inverso, si rimpicciolisce il dolore, si taglia la memoria prima ancora che possa formarsi, si stermina anche il diritto di esistere nel racconto, e tutto questo non è solo un crimine, è qualcosa che riscrive il concetto stesso di orrore, di genocidio, di sterminio, alzando l’asticella del mostruoso, creando un precedente agghiacciante che potrà giustificare qualsiasi futuro massacro, perché se oggi si può radere al suolo un’intera terra, cancellare una popolazione intera con la giustificazione che tra le rovine si nasconde un gruppo armato, allora domani si potrà bombardare tutta la Sicilia con il pretesto di eliminare un boss mafioso irreperibile, uccidere centinaia di migliaia di civili, bambini inclusi, perché “potrebbero diventare mafiosi”, e ogni nuova atrocità troverà la sua scusa pronta, confezionata con lo stesso linguaggio tossico: “legittima difesa”, “lotta al terrorismo”, “errore tecnico”, mentre in realtà ciò che si combatte è l’esistenza stessa dell’altro, la sua voce, la sua memoria, la sua umanità; in questo scenario desolante, anche i pochi gesti di presunto coraggio politico sembrano maschere scolorite, come la recente dichiarazione di Emmanuel Macron che ha chiesto il riconoscimento dello Stato di Palestina, un atto che a prima vista parrebbe un passo storico, ma che a ben guardare ha tutta l’aria di una manovra elettorale per riconquistare un’opinione pubblica stanca e divisa, più che un tentativo concreto di far cessare lo sterminio, dal momento che la Francia non ha mai realmente disallineato la sua politica da quella degli Stati Uniti, rimanendo saldamente nel blocco che ha protetto Israele a prescindere dalle sue azioni; e quel poco che è stato detto, non è stato seguito dagli altri Stati, né si intravede un reale fronte comune per fermare la carneficina, tutto sembra rimandato a un dopoguerra già scritto, a giochi conclusi, quando sarà troppo tardi per salvare vite, e resterà solo da costruire il prossimo museo del silenzio.
Iscriviti a:
Commenti (Atom)